Da Branzi ai Laghi Gemelli (Sentiero partigiano “Ercole Pedretti”)

Promosso da Tavola della Pace Valle Brembana, Anpi Valle Brembana, Cai Zogno

Una valida alternativa alla consueta salita da Carona ai Gemelli, su un itinerario poco frequentato dagli escursionisti. Nella prima parte ci si porta in quota rapidamente da Branzi, nella seconda si godono i pascoli e i laghi di una delle zone più belle della bergamasca, in tutte le stagioni. Il sentiero, dedicato a un partigiano che fu campione di sci, ucciso poco sopra Branzi, era uno dei tracciati utilizzati dalla brigata “Cacciatori delle Alpi - 2° Dio sciatori”, per raggiungere la base, il rifugio Laghi Gemelli. Inaugurato nel 1900, il rifugio è stato bruciato dai fascisti nel gennaio 1945: “arrivarono ai laghi Gemelli mentre i pochi uomini si erano ritirati ordinatamente al lago Nero - scrisse Mino Bartoli - e distrussero ogni cosa sistematicamente”. I lavori di ricostruzione del nuovo e attuale rifugio, a poca distanza dal precedente, iniziarono già nell’estate del 1946 e si conclusero nel 1948.

 

Località di partenzaBranzi, 844 m
Località di arrivorifugio Laghi Gemelli, 1968 m
Segnavia212 - 213
Tempo di salita3 h
Ripari
Acqua
CartinaKompass n.104; Cai-Provincia n. 2

Scarica il percorso

Poco prima di Branzi, passare alla destra del fiume sul ponte con indicazioni Gardata-Cagnoli-campo sportivo. Parcheggiato al campo sportivo, si imbocca il sentiero (indicazioni) tra le case di Cagnoli.

Si può anche cominciare a camminare un po’ più avanti, dove finisce la strada, sotto la spettacolare cascata Borlèggia (840 m circa, indicazioni): i due percorsi si congiungono dopo circa 15’ di cammino, a quota 1040 m (in questa zona si appostò una delle squadre che combatterono la battaglia di Branzi, di cui consigliamo la lettura della descrizione nel racconto “La battaglia” di Giulio Questi). Da qui si prosegue fino a incrociare la "strada piana" – bel percorso pianeggiante che collega Carona a Roncobello - a quota 1110 m. Si sale rapidamente sulle pendici del Pizzo dell'Orto, lasciando Branzi sempre in basso: la zona attraversata, a causa di una valanga e di malattie alle piante, si presenta spoglia e non particolarmente attraente.

L’ambiente migliora più in alto, a quota 1400 m, quando si giunge alla località Grassi, dove sono presenti alcune baite comunali usate per la transumanza verso gli alpeggi. A quota 1680, appena fuori dal sentiero, si può osservare il monumento funebre dell'ing. Rho, morto nel 1923, eretto dalla "Società Forze Idrauliche Alto Brembo". Proseguendo si sale fino alla diga di Pian Casere (1816 m, 2 h 40’) che si attraversa per portarsi alla casa dei guardiani dell'Enel, presso la diga del Lago Marcio (1841 m). Proseguendo sul sentiero 213 – il classico itinerario da Carona – si raggiunge il rifugio Laghi Gemelli (1968 m; tel. 0345.71212 - tel. 347.0411638 - info@rifugiolaghigemelli.it-www.rifugiolaghigemelli.it). Un tabellone illustra il sentiero Pedretti. Sull’edificio una targa ricorda che l’edificio fu eretto a sostituire l’originario, bruciato dai fascisti, i cui ruderi sono a poca distanza.

Il ritorno può avvenire per uno dei numerosi sentieri che collegano il rifugio alla valle o ad altri rifugi. In alternativa, è possibile pernottare lì e il giorno dopo seguire il percorso successivo, sulle tracce di una temeraria impresa partigiana. Oppure, seguendo percorsi spesso utilizzati per le azioni, i collegamenti e la fuga – anche in caso di rastrellamenti – si raggiunge il passo d’Aviasco e quindi il rifugio Lago Nero, altro ricovero della brigata. Dal rifugio Laghi Gemelli sul sentiero 214 si attraversa la diga, si sale al lago Colombo, di cui pure si attraversa la diga (a sinistra il sentiero 250 porta al lago del Becco) per costeggiarlo sul versante orografico destro. Si sale quindi al passo che si affaccia sulla valle dei Frati (2289 m, incrocio con il sentiero 236) e, proseguendo per un breve tratto, si è al passo d'Aviasco (2289 m, 1 h 20’). Si scende con il sentiero 229 ai laghi d’Aviasco (2070 m) e quindi al lago Nero e all’omonimo rifugetto (1945 m, tel. 0346.47903 - tel. 329.1377183). Da qui si può compiere il classico giro dei laghi, oppure scendere su Valgoglio con il sentiero 268.

Il piano per la battaglia

53 Garibaldi, Malga Lunga e dintorni, primavera 1945 (Archivio ANPI Lovere).

“A una certa ora il Comandante M. ci chiamò e ci espose il piano di combattimento, disegnandolo sulla neve con un bastone. Fece un buco. Era il paese di B. Tracciò la strada che da B. portava a un bivio di due strade, una per il paese di F. l’altra per il paese di C. Il bivio era il punto chiave per incrociare il fuoco delle tre squadre in cui ci saremmo divisi. Bisognava fare uscire allo scoperto gli uomini della guarnigione e portarli esattamente in quel punto. Dovevamo dar loro una ragione sufficiente per arrivarci. Gliel’avremmo data uccidendo il potestà di C. Sarebbero accorsi passando obbligatoriamente per quel bivio, entrando nel bersaglio dei nostri tre fuochi concentrici. Il piano suscitò una forte eccitazione in tutti quanti. Molti videro la possibilità di procurarsi forme di formaggio e di saccheggiare il Monopolio dei Sali e dei Tabacchi. Quanto a me, che non avevo ancora dismesso i vizi causati dai miei studi giovanili, mi entusiasmai alla simbologia di mistica medievale sottintesa nel piano, che avvertii fondato sulla Trinità. (…) Restava un problema. Chi andava a uccidere il podestà di C.? Per facilitarci le cose il Comandante M. sostenne che era un informatore dei comandi militari e che pertanto il lavoro andava fatto comunque. Chiese dei volontari. Alcuni si fecero avanti. Tra loro ne scelse tre, tra i quali il Giapponese, cui affidò la responsabilità dell’azione. Le istruzione del Comandante M. al Giapponese furono spietate: – Tiratelo fuori dal letto, portatelo giù in strada e ammazzatelo. Fate più casino che potete. Sparate raffiche in aria. Che tutti sentano e vedano. Se sembrate ubriachi, tanto meglio. Qualcuno telefonerà alla caserma di B. e quelli verranno su. Noi saremo là al bivio. Ci verranno in bocca.Lo scenario prospettato provocò in noi un misto di paura e di ferocia. Risate secche, battute e bestemmie facevano da schermo. Si era fatto buio e i nostri visi ghignavano tra le fiamme dei fuochi”.

Giulio Questi, Uomini e comandanti, Einaudi, Torino, 2014, pp. 70-71.