Dal Ponte del Becco a Cantiglio e alla Pianca (Sentiero partigiano “Paganoni-Vitali”)

Promosso da Tavola della Pace Valle Brembana, Anpi Valle Brembana, Cai Zogno

Dagli orridi della Val Taleggio ai prati del Cancervo; una salita che rende in termini di panorama. La rossa baita di Cantiglio fu teatro di una sanguinosa battaglia. Il sentiero dalla Pianca fu percorso nella notte tra il 3 e il 4 dicembre 1943 dai fascisti e dai tedeschi che tesero l’agguato. Un’altra colonna salì dal ripido sentiero della val Taleggio. Nel conflitto persero la vita tre partigiani di una delle prime bande autonome: Giorgio Issel, genovese, Raimond Marcel Jabin, francese, ed Evaristo Galizzi di San Giovanni Bianco. Quattro partigiani furono catturati mentre tutte le baite e la chiesetta della frazione furono incendiate. Gli altri componenti della banda si salvarono inerpicandosi sulle scoscese pareti del monte. Il percorso si presta a diverse varianti e collegamenti.

 

Località di partenzaPonte del Becco, val Taleggio, 593 m
Località di arrivoCastiglio, 1802 m; Pianca, 807 m
Segnavia130-131
Tempo di salita1 h 30' fino a Cantiglio; 1 h da Cantiglio alla Pianca
Riparia Cantiglio
Acquaa Cantiglio
CartinaKompass n.105; Cai-Provincia n.4

Scarica il percorso

Salendo da San Giovanni Bianco lungo i suggestivi “orridi” della Val Taleggio, dopo la galleria è possibile vedere sulla destra prima l’attacco al sentiero che porta a Cantiglio (ripido e direttissimo, utilizzato spesso come via breve dai partigiani ma anche dai fascisti in quella tragica notte) e quindi le lapidi che ricordano i caduti della battaglia del “buco” contro i tedeschi del 27 giugno 1944 e tutti i caduti della 86a brigata Garibaldi, che operò in questa zona.

Si lascia l’auto al Ponte del Becco, dove la strada fa un brusco tornante superando la val Asinina. Qui un tabellone informativo ci consente di studiare il percorso e la vicenda. Dall’altro lato della strada si trascura il sentiero diretto per Cantiglio - da utilizzare eventualmente per una rapida discesa – optando per un percorso un po’ più lungo, ma decisamente più piacevole. Si imbocca la stradetta che costeggia il torrente (segnavia 130, palina in legno “Sentiero partigiano Paganoni-Vitali Ponte Becco-Cantiglio”) fino a giungere in prossimità di una cascina ristrutturata. Sulla destra è proposta una “scorciatoia” per Cantiglio, anche questa consigliata per la discesa. Si abbandona la stradetta imboccando alla sua sinistra (indicazioni) un sentiero che attraversa i prati ed entra nel bosco. A un bivio ben indicato si sale decisamente a destra fino a raggiungere e attraversare il sentiero in piano costruito sull’acquedotto, in prossimità di un ponticello con ringhiere verdi. Il sentiero continua a salire nel bel bosco di faggi con ampi tornanti finché diventa più piano e inverte la direzione attorniando il costone della montagna. Siamo raggiunti da destra dal sentiero “diretto” (850 m circa); ampio il panorama sulla val Taleggio. Si procede quindi sulla mulattiera a tratti selciata e gradinata puntando a un evidente colletto tra corne strapiombanti. Da qui, costeggiando il fianco roccioso del Cancervo, si susseguono altri colletti minori; su uno di questi svetta sul pinnacolo a destra una piccola croce in ferro e sulla parete a sinistra una targa con il simbolo del Cai. Dopo l’ultima salita si intravede tra gli alberi l’abitato di Cantiglio, che si raggiunge in pochi minuti (1082 m, 1 h 30’). Subito prima delle case, il sentiero 130 prosegue a sinistra verso il Cancervo e il Venturosa. Le poche case di Cantiglio, antico alpeggio della val Taleggio, sono immerse in un pascolo visibile anche da lontano. Particolarmente evidente è la baita Pizzo Presanella, dipinta in rosso, che espone una lapide a ricordo dei tre partigiani uccisi. A fianco della casa, panche su una bella terrazza panoramica e, poco oltre, sotto la chiesetta di san Lucio, una grande vasca che raccoglie l’acqua di una sorgente.

Chi vuole, può concludere la sua gita qui e tornare dalla stessa via ─ eventualmente optando per il “sentiero diretto” o la “scorciatoia” ─ al Ponte del Becco.

Volendo proseguire per la Pianca, si procede dalla fontana sul segnavia 131, che in prima battuta scende fino a 760 m nella valle del Bodar e poi risale seguendo i contrafforti della montagna fino a raggiungere la frazione posta sopra san Giovanni Bianco. All’inizio di questo sentiero si stacca anche il ripido tracciato che scende direttamente in val Taleggio.

L’escursione è ulteriormente ampliabile seguendo la via di fuga dei partigiani verso la Casera (1635 m) e quindi la vetta del Cancervo (1831 m, sentiero 130, 2 h) e da lì scendendo alla Pianca o con il sentiero 102 oppure – con un itinerario più lungo – con il 136 che transita dal passo di Grialeggio (1690 m), a nord del Cancervo. Dal passo si può tornare alla Pianca e quindi a Cantiglio, oppure salire il Venturosa (1999 m), scendere al passo di Baciamorti (1541 m) per ritornare al Ponte del Becco scendendo la Valle Asinina per Quindicina e Cà Corviglio. E’ un lungo e bel giro ad anello di circa 7 h.

L’intero itinerario – breve o lungo che si scelga – può essere iniziato dalla Pianca anziché dal Ponte del Becco.

I fiammiferi di don Ugo

“Ero di turno alla seconda centrale – raccontò il custode Giovanni Dogadi – quando un gruppo di tedeschi armati, dopo aver scavalcato il cancello, si mise a bussare con forza al portone. Aprii e i tedeschi mi intimarono di seguirli e far loro strada verso Cantiglio. Non mi lasciarono nemmeno il tempo di mettermi gli scarponi e dovetti uscire con gli zoccoli. Fatti pochi passi lungo il ripido e sconnesso sentiero coperto di neve, gli zoccoli si ruppero e fui costretto a proseguire a piedi nudi, con continui scivoloni. Arrivati ai prati di Cantiglio, mi fu ordinato di tornare indietro, cosa che feci di corsa. Lungo la discesa, tra uno scivolone e l’altro, mi giunse l’eco dei colpi di mitraglia che si sparavano a Cantiglio”.

“Nevicava a dirotto – testimoniò don Ugo Gerosa, parroco della Pianca, anch’esso costretto a far da guida, insieme a due ragazzi, ai tedeschi – ed erano circa le tre di notte. La neve rendeva arduo il cammino. Legato con una corda perché non potessi fuggire, cercai con ogni mezzo di dare qualche segnale ai partigiani del nostro arrivo. Già prima, dalla mia canonica, mentre stavano arrivando i fascisti, avevo acceso ripetutamente la luce, malgrado l’oscuramento, nella speranza che qualcuno se ne avvedesse e sospettasse che c’era in corso questa azione. Anche lungo la strada cercai di mettere sull’avviso i partigiani accendendo, col pretesto di fumare, numerosi fiammiferi. Ma tutto fu inutile. Arrivati all’inizio dei prati che si distendono sotto il nucleo delle cascine di Cantiglio, venni liberato e costretto a tornarmene a casa. Così mi fu impossibile fare altri tentativi per avvertire quei poveri sventurati che credo stessero dormendo”. 

Tarcisio Bottani, Giuseppe Giupponi, Felice Riceputi, La Resistenza in Valle Brembana, Ferrari, Clusone, 1994, pp. 38-39.